Parlare in pubblico in modo efficace oggi è utilissimo, ma continua ad essere un tabù per molti, soprattutto in termini di chiarezza.
Non più con le Mappe Mentali.
Parlare in pubblico dovrebbe essere una materia scolastica
Marco Montemagno in uno dei suoi video persuasivi e divertenti si chiede come è possibile che il Public Speaking non sia una materia obbligatoria nelle scuole almeno dalle Medie o Superiori in poi. Ha pienamente ragione. Incontro ogni giorno persone nel mondo del lavoro che di base sono molto preparate, che hanno studiato, che mettono passione in ciò che fanno ma che affrontano le presentazioni, le conferenze, le riunioni, insomma ogni occasione per parlare in pubblico come un incubo o come un disturbo. Dovrebbe essere al contrario. La miglior occasione per condividere conoscenza, valorizzare la propria competenza e dare visibilità a quello che sono e che sanno.
Se non a scuola quando?
Non ci viene insegnata a scuola dunque, a meno di qualche insegnante illuminato che si prenda l’incarico personale di introdurla. All’Università dovrebbe aiutarci a superare brillantemente gli esami ma la forma e i colori dell’esposizione passano in secondo piano rispetto all’acquisizione delle nozioni e al voto. C’è da considerare anche che la maggior parte degli esempi che abbiamo di fronte (i Professori) non sempre sono degli speaker brillanti e capaci di tenere alta la nostra attenzione, alla Professor Keating dell’Attimo Fuggente. Eppure, l’arte del public speaking non è un’invenzione recente.
I Greci e i Romani la sapevano lunga
L’Ars Oratoria è vecchia almeno di 2.500 anni e sia nell’antica Grecia che nell’antica Roma erano materie parte del programma dell’educazione di nobili e guerrieri. Insieme alla Retorica costituivano una delle competenze indispensabili per un personaggio parte della vita pubblica.
Sulla differenza tra le due specificità c’è dibattito, ma in generale si considera la prima come “arte di parlare bene in pubblico” e la seconda come “tecnica del dire” con uno scopo più specifico di convincere e persuadere. Per essere ancora più chiari possiamo semplificare considerando l’Oratoria come la capacità concreta di fare un discorso, mentre la Retorica come la tecnica e quindi la strutturazione e composizione del discorso in sé. Tra oratoria e retorica ci siamo noi.
Sei inefficace? Doppia delusione: per te e per il tuo pubblico
Ti capita di dover presentare qualcosa e renderti conto che il tuo messaggio non passa?
Che il tuo pubblico non è coinvolto o che nonostante i tuoi sforzi non ci sia chiara comprensione di quello che vuoi dire?
Senza nasconderci dietro un dito, essere inefficace è davvero un doppio fallimento. Per te, perché non valorizzi quello che sai e quello che vuoi trasferire. E per il tuo pubblico che dedica del tempo ad ascoltarti e riceve un messaggio confuso o frammentato e quindi poco memorabile ed interessante. Qual è la causa se il messaggio non passa?
Confusione mentale e discorso poco strutturato
Se il messaggio non passa le cause non sono molte:
- Il tuo linguaggio e il contenuto non sono adatti al tuo pubblico
- Il tuo messaggio non è chiaro, fluido e ci sono salti logici
- La tua tecnica espressiva è noiosa e poco attrattiva
Non mi addentro nell’analizzare le tecniche di Public Speaking a cui dedicherò un’altra pagina, ma il contenuto del discorso o della presentazione richiede indiscutibilmente di essere strutturato in modo estremamente organizzato e organico.
Usa le Mappe Mentali per organizzare il tuo racconto
Come racconto in un altro articolo (Link al n°3) ho conosciuto le mappe mentali di Buzan proprio per organizzare e memorizzare meglio i miei discorsi in pubblico. Il Mind Mapping è la tecnica principe per visualizzare ciò che vogliamo dire e per organizzarlo in una struttura che risulti chiara prima a noi e di conseguenza alla nostra audience. Ti capita di voler comunicare un’idea a qualcuno, di andare dritto da quella persona e poi quando inizi a verbalizzare l’idea ti rendi conto che non era poi così chiara e dall’altra parte vedi una faccia interrogativa.
È come quando ti accingi a partire per una nuova destinazione e non conosci il percorso, devi avere una mappa, digitale o mentale.
Costruire mappe mentali come percorsi di pensiero
Il nostro pubblico è il nostro specchio. Ci ascolta cercando di ricostruire un flusso di idee che gli proponiamo e ricostruisce nella sua testa una sua mappa mentale del discorso. Se quello che gli raccontiamo è armonico, costruito da immagini tutte connesse allora riesce a seguirci e a memorizzare quanto gli raccontiamo. La presenza di concetti confusi o di salti logici richiede allo spettatore l’utilizzo di grande energia ed è probabile che dopo un po’ perda di attenzione e interesse. Ciò che dobbiamo fare è accompagnarlo come una buona guida in percorso fluido, a tappe, costellato di immagini emozionanti e di personaggi che catturino l’attenzione
La struttura semplice di una presentazione
Come nei migliori manuali di Public Speaking una presentazione semplice e fruibile può essere suddivisa in 5 macro sezioni:
- Apertura
- Argomentazione A
- Argomentazione B
- Argomentazione C
- Chiusura
Ecco la base della Mappa Mentale per visualizzare il tuo discorso in sintesi.
Le 5 sezioni sono i 5 rami principali della mappa e i sottorami sono lo sviluppo dei capitoli primari.
In questa fase è deleterio voler scrivere il testo. La struttura si costruisce con keywords che esprimano chiaramente il concetto che rappresenta uno dei capitoli del tuo discorso.

La regola del 3 per creare mappe mentali dei discorsi
Come vedi dalla mappa mentale il cuore del discorso si sviluppa in 3 principali focus e ogni focus poi si sviluppa in genere su 3 sotto rami.
Perché 3 e non 4 o non 5? Probabilmente avrai già sentito parlare della “regola del 3” che vale in tanti ambiti ma specificatamente nel public speaking e ancora di più nell’organizzazione delle mappe mentali per un discorso di memorizzazione. Infatti, la principale facilitazione è legata alla nostra memoria che ricorda in modo naturale 3 elementi in sequenza. C’è un effetto detto di “Primacy effect ” ovvero ricordo perché è il primo elemento che mi viene presentato, un effetto di “Recency effect ”, il terzo lo ricordo perché è l’ultimo e il secondo viene ricordato per le connessioni che si stabiliscono tra il primo e il secondo e tra il secondo e il terzo. La struttura quindi a ramificazioni di tre mi permette di memorizzare facilmente il mio discorso mentre lo costruisco. Grandi utilizzatori di questa regola sono due esempi di retorica moderna: Steve Jobs e Barack Obama.
Cosa sono le mappe mentali per il Public Speaking?
Sono uno strumento di processo: acquisizione delle idee, organizzazione delle stesse, memorizzazione.
- Si inizia con utilizzare lo schema illustrato sopra come contenitore di raccolta delle idee intorno a i 5 rami: quindi apertura, 3 argomenti e chiusura
- Si raffina chiarendo se l’ordine di presentazione degli argomenti è corretta e se tra gli argomenti c’è una chiara connessione e le transizioni sono fluide
- Si dettaglia sviluppando i capitoli principali andando in profondità, sempre con l’utilizzo di parole chiavi, molto significative
Quando lo scheletro del discorso è a posto, si colora la mappa mentale, si aggiungono dei disegni se si vuole stimolare la memoria e l’evocazione.
Ma non è finita qui, perché la mappa può essere un valido strumento di studio e ripasso, così come una preziosa sintesi da lasciare ai propri interlocutori per ricordare il vostro intervento.
Questo schema vale per una presentazione orale ma anche per un contributo scritto, come l’articolo che stai leggento.

Tony Buzan considerato uno dei migliori speaker da Forbes
Non a caso la rivista Forbes ha incluso Tony Buzan nei migliori public speaker al mondo, insieme a Margaret Thatcher, Mikhail Gorbachev e Henry Kissinger. La sua forma mentis e conseguentemente il suo modo di esprimersi è sempre stato estremamente chiaro, organizzato e facilmente memorizzabile.
Altra caratteristica da imitare, oltre all’organizzazione dei contenuti, è il suo modo di utilizzare la gestualità e il corpo per raffigurare nello spazio le immagini di quello che descriveva a parole. Davvero coinvolgente.
Le soft skill per gli ingegneri del Politecnico di Milano
Il parlare in pubblico è considerato una “soft skill” ovvero una competenza morbida in integrazione alle “hard skill”, ovvero le conoscenze approfondite della materia in cui si è specializzati. Al giorno d’oggi si tende a considerare le “hard” quasi scontate, mentre le “soft” ancora non sono valorizzate come si dovrebbe, almeno nella scuola. Al Politecnico di Milano, da 3 anni a questa parte, nel Laboratorio di Didattica Innovativa del Dipartimento Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta”, insegno ai giovani ingegneri come organizzare le loro presentazioni con le Mappe Mentali, per poi valorizzare il loro contenuto grazie all’espressione della voce, del corpo, l’uso dello spazio e l’approccio con il pubblico.
Una grande soddisfazione sapere che la ricerca sui materiali del futuro, sull’impatto delle risorse finite del nostro pianeta e sulle nuove scoperte di questi allievi, potranno fare la differenza, anche grazie alle Mappe Mentali e la loro applicazione al Public Speaking.